Tutto è partito da una domanda che mi è stata fatta da un gruppo di giovani marketers;
“Puoi usare la psicografica per aumentare le tue vendite?”
Ho risposto “Al momento ti dico sì, non solo puoi aumentare le vendite, ma in alcuni casi le puoi raddoppiare, forse in casi specifici decuplicare o far partire le vendite li dove erano inesistenti o bloccate da tempo.”
Prima di passare alla parte distopica e pessimista di questa visione futura del lavoro del marketer, facciamo un po’ di ripasso sulla storia della comunicazione d’impresa e della vendita.
Anche in tempi non sospetti i commercianti si dividevano in due categorie ben distinte.
Quelli che avevano una bottega in un centro abitato o immediatamente fuori da questo, e quelli che invece ambulavano di mercato in mercato di paese in paese. La differenza sostanziale era sempre quella, se stavi fisso in un posto con la tua bottega i clienti dovevi accontentarli e fidelizzarli, se invece ti spostavi di paese in paese le probabilità che tu reincontrassi proprio in quella piazza proprio a quell’ora lo stesso cliente dell’ultima volta era poco probabile, nel primo caso eri raggiunto dai clienti, nell’altro raggiungevi tu loro decidendo posto orario e modalità. Hai già capito dove voglio andare a parare?
Se hai una bottega non puoi permetterti una vendita aggressiva e furbetta, se sei itinerante qualcuno ogni tanto lo puoi turlupinare, tanto non sa dove venire a ad acchiapparti dopo. Questo è il motivo per cui i venditori di pozioni magiche “Snake Oil” e intrugli a base di cocaina oppure oppio avevano il carretto e non la bottega. Si chiamavano furbamente “Medicamenti” e promettevano miracoli, solo il produttore ne conosceva il contenuto e i principi attivi, ma non li rivelava. Dicevano di aver guarito migliaia di malati di decine di malattie che nel 1900 nemmeno la medicina ufficiale riusciva a guarire e avevano vita facile perché nessuno poteva verificare la veridicità di tali affermazioni autoreferenziali. In più, l’euforia e il vigore momentaneo dovuto alle sostanze stupefacenti contenute nel medicamento producevano un effetto placebo nella maggior parte dei casi.
Finalmente nel 1906 nasce in USA la FDA (Food and Drug Administration) per contrastare la totale anarchia del mercato e per tutelare la salute pubblica ormai in preda a droghe e intrugli di cui non si sapeva nulla.
Lo so cosa stai pensando, la cosa non è cambiata molto se parliamo di guru ed esperti moderni, l’unica differenza sta nel fatto che i venditori di pozioni miracolose invece di un carrozzone oggi hanno una landing page e una reputazione fasulla, promettono miracoli e dicono di aver curato migliaia di imprenditori. Speriamo nasca presto una FDA del marketing e della vendita on line, magari una bella SCA Selling and Communication Administration che obbliga il consulente/venditore ad essere eticamente corretto e a promettere solo cose confermate da clienti e colleghi.
Per esempio nel mondo del marketing, Kotler non si auto-definisce un top player mondiale, non si è mai auto-referenziato, sono i suoi clienti o addirittura i colleghi della comunità mondiale del marketing a dirlo. Quando i tuoi concorrenti o colleghi o avversari ad ammettere la tua superiorità allora sei in cima alla lista sul serio. Quando te lo dici da solo sei ancora alla base della piramide.
È passato molto tempo, ma il modo di promuoversi dei nuovi furbacchioni è uguale a quello di inizio secolo, spostarsi in cerca di bifolchi a cui vendere rimedi che nella maggior parte dei casi non funzioneranno, ma quando il bifolco se ne renderà conto il carrozzone sarà già andato via, altro business, altri bifolchi.
Cosa rende possibile da secoli questa pratica tanto discutibile quanto redditizia? Semplice, nessun bifolco ammetteva di essere stato fregato per non mettersi in ridicolo, ovvio, più sei sempliciotto e più sei orgoglioso. Oggi accade la stessa cosa, gli sprovveduti corsisti mai ammetterebbero di non aver avuto risultati, e sapete perché? Perché il guru quando gli ha venduto il segreto di Pulcinella gli ha anche detto che tale tecnica era facilissima e funzionava al 100%, solo uno stupido “una scimmia” (Cit.) avrebbe fallito. Ecco, chi mai ammetterebbe di aver fallito per fare la figura della scimmia?
Concludiamo questo paragrafo in cui mi sono concesso una digressione tutta personale contro i moderni guru dicendo che; la comunicazione in questo caso era fondamentalmente affidata alla “proclamazione” di tipo verbale autoreferenziata e non verificabile, alle etichette sul prodotto e al passaparola tra vicini di casa.
Andando avanti, nella storia del commercio di prodotti inizia la concorrenza e nascono le produzioni industriali, fatte di vendita all’ingrosso e distribuzione in più punti vendita. Adesso il cliente ha più scelta, e potrebbe scegliere un prodotto piuttosto che un altro, quindi le aziende produttrici iniziano a spingere i loro prodotti perché adesso il problema è battere uno o due concorrenti.
Arrivano le reclame e il carosello.
Nasce la pubblicità che intrattiene il pubblico con canzonette, balletti, musichette e slogan. Tuttavia non è aggressiva in termini strategici, poco marketing e molta creatività.
La gente non cambia canale, anzi, guarda la pubblicità con piacere per diversi motivi;
- Intrattiene
- È piacevole
- Non è invasiva
Il carosello è un piccolo spettacolo di intrattenimento.
Si informano semplicemente i clienti dell’esistenza di un determinato prodotto, non essendoci molta concorrenza e non essendo il prezzo una variabile determinante il semplice carosello cantato e musicato bastava per spingere un detersivo o un caffè rispetto alla concorrenza, questo valeva per le pagine pubblicitarie oppure gli spot radio e i poster per strada.
Fino a ieri; la persuasione
Una volta come con Pavlov con il campanellino e i cani:
“Associando per un certo numero di volte la presentazione di carne ad un cane con un suono di campanello, alla fine il solo suono del campanello determinerà la salivazione nel cane. La salivazione è perciò indotta nel cane da un riflesso condizionato provocato artificialmente.”
La pubblicità con i jingle fa la stessa cosa, innesca un desiderio, ti ricorda che hai fame o hai voglia di un paio di scarpe nuove.
Era una modalità “push” cioè si spingeva il prodotto verso il cliente attraverso la rete vendita o i distributori. Si vendeva porta a porta e si mettevano stand nelle fiere.
Inizia a farsi strada la strategia, quello che poi verrà chiamato “marketing”. Tanto per farvi una idea di come i tecnici della pubblicità iniziassero a darsi da fare seriamente e incominciasse davvero la pianificazione e la persuasione vi do un dettaglio; negli anni ’50 i brand che investivano in spot pubblicitari in televisione iniziarono a lamentarsi della elevata qualità dei temi proposti dai programmi o talk show che ospitavano le loro pubblicità, il problema più grosso era che durante la pubblicità a casa le persone invece di guardare gli spot pubblicitari si mettevano a discutere dei temi trattati in trasmissione, questo era un problema dal momento che quella stessa trasmissione si manteneva con i soldi della pubblicità.
Per questo il contenuto di una trasmissione deve essere leggero e poco impegnativo dal punto di vista intellettuale, le persone pensano troppo se gli parli filosofia o di storia, molto meglio uno vestito di giallo con uno stura lavandini in testa che ti parla di banali inutilità che dimenticherai appena suona il campanellino di Pavlov, inutilità campanellino, inutilità campanellino e così via in un loop infinito.
Oggi si deve preferire la consuasione
Il marketing lascia definitivamente l’era dell’attenzione come strategia primaria. Per cinquant’anni le pubblicità hanno catturato l’attenzione facendo fatturare abbastanza ai brand per poter comprare ulteriore pubblicità, e poi altra, e poi altra.
La nuova era invece è quella in cui gli annunci non sono il driver, e il prodotto diventa il marketing. La strategia non è più al servizio della vendita, ma della produttività. Il processo produttivo ingloba e rende produttivo anche il processo post vendita, utilizzando il cliente e le sue esperienze. Quindi da adesso non si devono più fare prodotti per i clienti, ma prodotti “con” i clienti.
Come ho già spiegato anni fa nella teoria Jointmark, cliente e prodotto adesso dialogano e sono uno funzionale all’altro.
Modalità “pull” cioè si stimola il cliente ad andare verso il prodotto, ad avere fiducia nel prodotto, ad avere un rapporto di complicità con chi lo produce e a diventare parte integrante del ciclo produttivo.
Il cliente deve essere messo al centro della strategia in quanto mezzo e non come fine. Adesso qui non posso spiegare il concetto Jointmark e cosa sono i prosumer, vi invito a cercarlo su google.
Sebbene il mondo del marketing sia passato dalla modalità carosello alla modalità “user is the king” ancora nel 2021 molti marketer adottano tecniche autoreferenzianti e furbette stile medicamento.
Il bello è che se certi marketers abbandonassero la loro tecnica “prendi a calci nel culo il tuo cliente” a favore di una più attuale “metti il cliente al centro del tuo brand” sarebbero comunque ancora una volta in ritardo, perché ormai siamo già verso la via di uscita dell’era pull. Stiamo andando verso la psicografica applicata alla produzione e vendita.
Il futuro è la “psicografia”
Già oggi la maggior parte degli investimenti da parte di aziende, istituti di ricerca, università e multinazionali è sulla manipolazione del pensiero umano. Ovviamente è una visione distopica che si realizzerà in parte, la verità è che difficilmente si può manipolare la scelta di un individuo, ma si può sicuramente orientare in una direzione piuttosto che un’altra, e questo accade già oggi per esempio in politica o sul consumo di beni di diventati di prima necessità pur non essendolo prima.
Io negli anni ‘70 facevo colazione con pezzetti di pane nel latte e un po’ di zucchero, era quella la colazione tipica. Oggi se ad un bimbo non dai le Gocciole e non metti il Nesquik nel latte parzialmente scremato ti senti un cattivo genitore, a dargli pane del giorno prima e latte ti sentiresti un nazista dei campi di concentramento. La pubblicità costruisce nella tua testa un modello basato sul superfluo, sul non necessario. Pane e latte va benissimo, anzi, è più salutare di un biscotto industriale, beh… dipende dal pane di cui parliamo ovviamente, non avrebbe senso sostituire un biscotto all’olio di palma con un pane se è pane fatto industrialmente.
Le persone iniziano a sospettare che qualcosa sia andato storto e iniziano a parlare di consumismo e di sprechi, nascono ogni giorno associazioni che hanno come statuto l’attacco al nichilismo e alla sempre crescente voglia di produrre e distruggere per poi produrre ancora.
Diventa di dominio pubblico il concetto di obsolescenza produttiva.
Oggi la preoccupazione più alta di un buon marketer è l’attenzione, ma ripeto la maggior parte di questi è convinta di poter ancora persuadere con la cara vecchia PNL. Il punto è capire che il target è diventato consumer e da consumer adesso è già prosumer e in futuro sarà sempre più parte integrante del prodotto o del servizio, non ne sarà solo il fruitore ma anche l’autore, prevedo addirittura nuovi modelli di business in cui il cliente acquista quote del brand.
Ripeto, molti marketer oggi promuovono prodotti e servizi come se avessero a che fare ancora con un “target” da raggiungere e colpire, e che questo vada semplicemente persuaso con un buon copy, come se le parole bastassero o come se le parole non avessero altro scopo che persuadere, manipolare, convincere, distrarre dal nocciolo.
Quindi cosa ci aspetta per il futuro?
Oggi si stanno già progettando algoritmi in grado di comporre messaggi pubblicitari diversi per ogni tipologia di utente. Beh nulla di nuovo, lo facevamo anche noi negli anni ’70, io negli anni ’80 lavoravo per Fiat Automobili Spa e ricordo che alle volte la stessa vettura veniva proposta con una foto e una headline diversa a seconda del target, non solo, cambiava in base al mezzo di comunicazione.
Lo stesso modello di vettura aveva come potenziale cliente il papà di famiglia e la pubblicizzavamo con una foto e una frase adatta ad un pubblico maschile su una rivista maschile, ma la stessa vettura stesso modello la pubblicizzavamo con una foto e una frase decisamente più femminile su una rivista femminile se avevamo come target la moglie. Uno su Caccia e Pesca l’altra su Donna Moderna per esempio. Quindi la differenziazione del messaggio e del mezzo in base al target finale è sempre esistita, esiste da quando esiste la pubblicità probabilmente.
Oggi invece si produce un messaggio diverso per ogni profilo psicologico, non basta più tener conto del sesso della capacità di spesa e del luogo in cui si risiede. Il luogo non ha più motivo di essere considerato grazie al principio di globalizzazione e di commercio on line, il sesso non ha più influenza perché non è più un parametro di genere attendibile, oppure basti pensare che ci sono donne con modelli comportamentali maschili e viceversa, la lotta per la parità di genere oppure la segmentazione di genere degli ultimi anni stanno a testimoniare una frammentazione che rende tutto molto più complesso del semplice suddividere in uomo e donna.
La capacità di spesa non è più un paramento affidabile dal momento che chi vuole uno smartphone da 1000 euro è disposto ad indebitarsi e a fare la fila tutta la notte fuori al punto vendita pur di averlo anche se non può permetterselo.
Ok quindi se sono saltati tutti i vecchi parametri un marketer oggi su cosa può fare le sue strategie?
La verità è che ci troviamo in un limbo, cioè sappiamo che c’è bisogno di nuovi strumenti ma non li abbiamo ancora, quindi nel decennio 2015/2025 saremo nel purgatorio del marketing. Prima non c’erano i social e tutto era abbastanza collaudato e facile da prevedere, la persuasione era anche più semplice.
Dalla venuta dei social e dal momento che un cliente finale ha a disposizione strumenti che prima non aveva tutto è cambiato, il punto è che è cambiato lato utente, non lato marketer. I clienti sono completamente cambiati, alcuni venditori invece sono fermi ancora agli anni ’70, ’80… massimo ’90. Con i loro metodi di vendita vincenti, con i loro brand facili che promettono zero concorrenti, con i loro funnel che poi puntualmente portano zero risultati salvo casi particolari.
La verità è che c’è ancora tutta una scuola di marketing vecchia maniera che è morta già 15 anni fa ma nessuno vuole ammetterlo, sono in troppi a pagarci le bollette con quel tipo di marketing, ma attenzione ci pagano le bollette vendendo la conoscenza del metodo non ad applicarlo. Certo perché hanno capito che con quelle tecniche ci fanno più soldi a venderle che ad applicarle. Provate a chiedere ad un qualsiasi guru del marketing quali brand ha posizionato sul mercato col suo metodo e con quali risultati, state pur certi che la differenza tra farlo e insegnarlo sarà sempre 1 a 10, se hanno guadagnato 10 euro applicandolo per un cliente ne hanno guadagnati almeno 100 insegnandolo a gente che non ne avrà mai nessun beneficio vero.
Quando usciremo dal purgatorio per andare all’inferno?
A breve, manca poco, le piattaforme stanno gia sviluppando sistemi che intercettano le nostre abitudini, le nostre preferenze, le nostre opinioni, cosa e come lo facciamo etc etc. Noi siamo abituati a sintetizzare il tutto con il nome di algoritmo o intelligenza artificiale, ma in realtà ci sono nomi specifici per ogni tipo di applicazione;
- Statistica computazionale
- Riconoscimento vocale
- Riconoscimento di pattern
- Reti neurali artificiali
- Filtraggio adattivo
- Teoria dei sistemi dinamici
- Elaborazione delle immagini
- Data mining
- Algoritmi adattivi
In ogni caso si tratta sempre di sistemi che crescono nel tempo imparando sempre di più da noi, il machine learning, cioè sistemi che correggono di continuo gli errori da loro commessi fino ad azzerarli, non come noi umani che facciamo sempre gli stessi errori.
Si pensa addirittura che un domani il mondo possa essere governato da una intelligenza artificiale, che sarebbe decisamente meglio dal momento che sarebbe incorruttibile, poco incline alla vendetta e troppo intelligente per fare la cosa sbagliata. Chi governa una comunità, un politico, un industriale, un banchiere o un capo religioso non prende sempre decisioni giuste perché ha troppi ostacoli emotivi da superare, avarizia, corruttibilità, voglia di potere, paura e anche la patata che come la storia insegna ha fatto più danni della bomba atomica. Ecco una intelligenza artificiale deciderebbe e legifererebbe in modo sensato e tenendo conto perfettamente dei nostri interessi delle nostre opinioni etc etc.
È anche vero che se le intelligenze artificiali saranno veramente intelligenti ci uccideranno tutti o quasi, perché sarà quella la cosa più intelligente da farsi, quindi speriamo non siano veramente così intelligenti.
Quale sarà la rivoluzione più bella del marketing che farà uso di basi psicografiche?
Ok ricordi quando ho detto che prima facevamo gli annunci pubblicitari in base al sesso o al target di riferimento? Bene tra pochi anni ci saranno piattaforme che sostituiranno il creativo, il grafico e il copywriter. La famosa cellula creativa che fino ad oggi ha vissuto in agenzia verrà pian piano sostituita da una intelligenza creativa artificiale che funzionerà in modo molto più efficace, come? Te lo spiego subito.
Ad una cellula creativa convenzionale l’account che segue il cliente consegna una scheda detta BRIEF, in cui vengono annotate a seconda del metodo adottato dall’account diverse voci inerenti al prodotto al target agli obiettivi etc etc.
Da li una volta la cellula creativa studiava quale messaggio foto o slogan dovevano persuadere le persone a comprare quel prodotto. Negli ultimi anni l’inserimento di un elemento più strategico nella cellula creativa risolve il bisogno di battere la concorrenza. Non basta più essere creativi per attirare l’attenzione (vi ricordo che l’attenzione oggi è l’elemento principe) bisogna adottare anche una strategia per indirizzare il cliente verso la scelta desiderata. Da push a pull appunto, creando prima la consapevolezza, palesando il bisogno e poi proponendo la soluzione. Tutto questo richiede uno sforzo di tipo strategico. Si passa di fatto dal Carosello al Social Spot, dalla Campagna Pubblicitaria alle AdSense, dal Direct Marketing alla Lead Generation. Si fanno sempre le stesse cose ma con strumenti molto più efficaci… ma.
Non basta più, quindi si deve passare ad un livello superiore.
Tutto parte dal concetto di “Big Data”, da un bel po’ di tempo tutte le informazioni che ci riguardano vengono convogliate all’interno di spazi virtuali che accumulano dati sensibili e non sensibili.
E già li i buontemponi del marketing come me hanno iniziato a chiedersi come poter usare questi dati per fare marketing, nel frattempo sono passati alcuni anni e le piattaforme social o le piattaforme di entertainment in generale hanno iniziato ad accumulare cose interessantissime (molto più interessanti di un inutile dato sensibile) come:
- Abitudini e vizi
- Gusti e tendenze sessuali
- Hobby e tempo libero
- Opinioni e credenze
- Orientamento politico o civico sociale
- Quale linguaggio usiamo
- Quali colori ci piacciono
- Come reagiamo a determinati messaggi (a cosa credete che servano gli stati e le emoji?)
- Cosa mangiamo?
- Siamo vegani?
- Siamo celiaci?
- Siamo stitici?
- Chi seguiamo e perché lo facciamo
Questi sono solo alcuni dei centinaia (si hai letto bene centinaia) di parametri che tracciano la nostra psicografia.
Dovrei fare tutto un discorso sulle “Echo-chambers” e sulle “Filter-Bubbles” per completare il quadro ma, forse sarebbe il caso di parlarne separatamente per non trascurarli.
Torniamo all’applicazione della psicografica alle strategie del marketing.
Adesso, cioè non proprio adesso, tra un po’ di tempo come funzionerà la creazione dei messaggi pubblicitari?
Una intelligenza creativa (creativa per modo di dire) artificiale si preoccuperà di generare non una ADV, non due… non tre ma decine, centinaia di ADV diverse, dividendole per profilo psicologico. Usando parole, immagini, colori e musica in base alla persona di cui si vuole catturare l’attenzione, ma dovendo proporre sempre lo stesso prodotto. Un solo prodotto con centinaia di comunicazioni diverse.
Come avrai notato, già oggi se ti fermi a guardare un video di auto da rally la piattaforma ti mostra altri video simili, se invece ti fermi a guardare video di danza classica ti farà vedere altri video attinenti al ballo e la danza, mai farà vedere un video di corse rally a chi vede video di danza classica, perché l’algoritmo ha capito quali sono i loro interessi.
Bene, questo potente strumento del futuro (che ancora non è disponibile ai marketers) ti proporrà i prodotti costruendo la grafica usando la foto, i colori, la musica, le parole, la ritmica e l’orario o chissà quanti altri paramenti in modo assolutamente autonomo, senza lavoro umano, cioè senza creativi, senza un copywriter che ne scriva in modo istintivo e creativo le parole e senza un art director che ve concepirà il visual, il software farà tutto da solo in modo assolutamente meccanico e non istintivo. Non si affiderà alla creatività o al sesto senso di un esperto in comunicazione, ma si affiderà alla sola statistica in modo scientifico e matematico.
Alcune app oggi ci hanno abituati al fatto che puoi cambiare faccia ad un personaggio in modo realistico, mettono te nella scena di un film, oppure ti mettono degli occhiali o degli accessori in modo che sembrino veri. Alcuni software ormai sono specializzati nella simulazione realistica di scene, oggetti, movimenti etc.
Pensa a questa scena, tu sfogli la feed e ad un certo punto ti vedi… tu, in una pubblicità, tu con un paio di occhiali, l’algoritmo delle nuove ADV ha cercato una tua foto, ti ha messo il modello di occhiali che vogliono venderti, e ci ha scritto “brucerai l’asfalto e sarai più bello” perché sa che tu hai una moto. Ovvio genererà una immagine un po’ artificiosa, ovvio ci metterà uno slogan che farà un po’ cagare… ma cavolo se colpirà la tua attenzione, stai sfogliando la feed e improvvisamente ci sei tu sulla moto…. Non ti fermi a leggere? Per catturare la tua attenzione ti faranno probabilmente due palle così, tu sulla moto, tu sulla neve, tu in crociera etc etc.
Oppure pensa ad una officina specializzata in tuning auto, stai sfogliando la tua feed e vedi te con la tua macchina ma questa è completamente stravolta, per convincerti ad andare da loro ti fanno anche vedere come verrebbe. L’algoritmo cerca nei gruppi di appassionati auto le foto dei proprietari con le loro auto e applica effetti come succede nei pannelli di controllo dei giochi di gran turismo nelle game consolle.
Oppure, la foto di casa tua ristrutturata. Del tuo bagno rifatto da capo o di te con addosso un abito nuovo o di te seduto al tavolo di un ristorante panoramico. Insomma… non c’è più limite a questa nuova tecnica.
Ti perseguiterai da solo.
Il marketer o chi gestisce la vendita, dovrà solo settare la proposta commerciale, il come venderlo e a chi venderlo non sarà più lavoro suo, lo farà una piattaforma molto ma molto più avanzata di quelle di oggi, Creator Studio di Facebook che a confronto sembrerà una radiolina a transistor paragonata ad Alexa.
Quando arriverà questo mostro? Presto.
Venderemo molto più di prima? Mah… secondo me venderemo solo in modo più veloce.
Quali sono le minacce? Un appiattimento definitivo sia delle proposte commerciali che della loro comunicazione.
Ormai è un ventennio che non si vedono più campagne pubblicitarie memorabili, da Advertising Annual, quelle che porteresti a Cannes.
Ci sono solo minacce o anche opportunità?
No, ovviamente come in tutte le cose ci sono anche possibili opportunità, specialmente per chi decide di rompere gli schemi.
Se l’advertising continuerà ad appiattirsi e a perdere sempre più la sua parte creativa… come rompi gli schemi?
Così come ho sempre sostenuto, sostengo e sosterrò fino al mio ultimo respiro in punto di morte… la creatività la farà sempre da padrona. Contrariamente a chi dice che la creatività è il male del marketing, o che il marketing non deve essere creativo. L’unica salvezza sarà essere creativi, rompere lo schema con la cara vecchia maniera di fare comunicazione.
Negli ultimi anni le due figure marketer e creativo si sono dati battaglia.
Il primo dice che la creatività è diventata solo un vezzo, il creativo risponde che senza creatività sei poco efficace. Nessuno dei due è mai riuscito veramente a dimostrare di avere ragione.
Ma forse, dico forse, tra un po’ il marketer avrà finalmente uno strumento che gli permetterà di fare a meno del creativo, allo stesso tempo però il creativo o la famosa coppia creativa Art/Copy tornerà di moda per chi vorrà fare veramente la differenza. I marketer quelli orientati alla sola vendita, quelli che guardano il solo profitto nell’immediato, i cosiddetti venditori di snake oil, saranno felici di questo nuovo strumento. Ma mai riusciranno a costruire Brand, fare Branding è tutta un’altra storia, devi lavorare nel lungo termine sul posizionamento e sulla qualità della comunicazione, per costruire un rapporto solido tra cliente e brand, in quel caso ti serve un dream team. Si tornerà alla vecchia cellula creativa anche per le PMI?
Io dico di si!
Oppure come ho sempre sostenuto, finalmente si capirà la differenza tra fare branding e fare promozione. Anche un grande brand potrebbe usare “il mostro” dell’advertising, ma solo per fare promotion, non per fare branding.
Applicazione pratica del concetto di segmentazione psicografica.
Un marketer che oggi vuole utilizzare la segmentazione psicografica non può avere accesso ad un software che lo faccia, non può scaricare una app che permetta di fare segmentazione qualitativa di tale livello. Per averne beneficio deve utilizzare i canali di comunicazione, i quali hanno costruito un loro modello di marketing psicografico, è quelli più vicini a noi e abbordabili sono le piattaforme social e google con le loro ads generate e gestite nei rispettivi pannelli manageriali. Oppure devi affidarti (e fidarti) di società terze che fanno comunicazione utilizzando grandi quantità di dati.
Ma presto arriverà questo nuovo modo di gestire la comunicazione, oggi ne esiste un embrione, e ovviamente la politica è stata la prima ad utilizzarlo.
Abbiamo sentito parlare di Cambridge Analytica, poi fallita causa scandalo politico. Oppure abbiamo sentito parlare di “la bestia” di Salvini, oppure ricorderete gli esordi di Grillo che ha iniziato per primo con Casaleggio a fare velata propaganda politica a favore del M5S in modo artificiale utilizzando algoritmi che costruissero e gestissero messaggi per prendere alla pancia gli elettori.
Come sempre succede il marketing commerciale segue quello politico, è sempre prima la politica ad adottare sperimentare e perfezionare tecniche di comunicazione efficace sul popolo e poi l’industria dei prodotti.
Anche con la propaganda successe la stessa cosa. Le tecniche della propaganda della seconda guerra mondiale divennero spunto per i marketers degli anni 50 e 60.
Lo si può leggere anche in alcuni passaggi del libro di Hitler Meine Campf in cui parla di propaganda e di come parlare alla pancia del popolo. “Cosa dovremmo ad esempio dire al riguardo di un poster che pubblicizza un nuovo sapone se descrivesse altri saponi come se fossero ‘buoni’? Dovremmo scuotere la testa nel vederlo.” Cioè tradotto nel linguaggio adv, anche se il sapone del tuo avversario è buono o meglio del tuo tu parlane sempre male, male molto male. È quello che fanno i politici quando parlano dei loro avversari, mai sentirete un politico elogiare un avversario.
Oppure nel libro 1984 di Horwell, scritto nel 1963, in cui si parla di come la manipolazione del linguaggio cambi l’opinione delle persone, la manipolazione del pensiero umano era già nota negli anni 60 e praticato dalla classe politica. Poi anche le aziende e i marketers hanno iniziato ad utilizzare tali tecniche.
È inevitabile che chi governa un popolo abbia l’esigenza di comunicare con questo in modo convincente e persuasivo. Un Re doveva convincere i sudditi a pagare le tasse convincendoli che queste fossero necessarie, così per Duchi intenti a tenere un ducato sotto scacco, oppure dittatori che dovevano tenere il popolo buono senza che questi sentissero sulle loro spalle il peso della dittatura.
Così nascono i sindacati, i partiti e le correnti di pensiero unificato e omologato, un pensiero pensato da un altro, non da te, tu devi pensare con un pensiero già pensato.
Questa tecnica del “pensa con la tua testa, basta che pensi come ti ho detto io” è la tecnica con la quale poi il marketing ha iniziato a vendere in modo più aggressivo negli anni 70, nel momento in cui si è passati dalla semplice divulgazione di un messaggio alla concorrenza tra aziende con messaggi mirati, molto mirati.
Il limbo, il purgatorio in cui noi marketer siamo oggi sta per essere abbandonato, se andremo in paradiso o all’inferno questo non lo so dire.
Una cosa è certa il divario tra venditori “mordi e fuggi” e “imprenditori” si vedrà ad occhio nudo.
Forse dovremmo iniziare a farci delle domande:
- Se i brand imparassero ad usare da soli tali tecniche, avendo accesso alle piattaforme, che fine faranno i marketers e gli esperti freelance? Vi ricordate prima di WordPress e dei CMS per fare un sito ci voleva un Web Master, oggi non sono più indispensabili se non in casi sporadici.
- L’intelligenza artificiale che userà i dati psicografici servirà solo in alcuni ambiti? E quali?
- Sarebbe produttivo in futuro affidare alle intelligenze artificiali decisioni strategiche che devono essere dettate dalla pura statistica e non dall’istinto o dalla personalissima esperienza? Meglio una statistica o meglio un sesto senso?
- Forse sarebbe il caso di fondare da adesso un organo di controllo per la tutela del genere umano? (Lo so sembra una affermazione esagerata, ma proiettate il tutto tra 20 anni. I nostri figli saranno circondati da intelligenze artificiali super avanzate comandate da chi?)
- Se oggi un algoritmo è capace di imparare tutto di me, fino al punto di accontentarmi e di mostrarmi sui social solo quello che io voglio vedere, evitandomi disagi e lasciandomi in santa pace nella mia zona di comfort, allora perché in futuro non affidiamo il gravoso compito di legiferare e governare ad un grande algoritmo universale? Accontenterebbe noi o continuerebbe ad accontentare le lobbies?
Beh… un saluto affettuoso!
Alain