La vendita è la conseguenza di un percorso, quale?
Il mio percorso lavorativo inizia negli anni ‘80, curavo la comunicazione e la strategia di branding per aziende che fatturavano miliardi di lire.
Erano aziende con centinaia di dipendenti e decine di tir che entravano vuoti e uscivano carichi di merce da consegnare.
Poi negli anni ‘90 i primi segni di cambiamento (qualcuno la chiamava crisi): le grandi aziende cominciano a sentire i duri colpi dell’importazione e si indeboliscono, la sofferenza si trasforma in malattia cronica e negli anni duemila molte grandi aziende chiudono.
Le centinaia di dipendenti, che popolavano queste aziende, sono state costrette ad arrangiarsi; nascono così decine di aziende più piccole.
Se negli anni ‘80 avevamo 10 aziende, colossi della moda in Italia, negli anni ‘90 e ‘00 cominciano ad esserne centinaia, più piccole. Il parco consumatori è sempre lo stesso e, non solo, ha anche una capacità di spesa sempre più bassa.
Mano a mano, negli anni, questa cosa è andata sempre peggiorando; da una parte cala la capacità di spesa, dall’altra parte, le aziende si frammentano e si clonano come in un processo di mitosi cellulare. E nessuna di queste propone qualcosa di nuovo, anzi, cominciano a fare tutti lo stesso prodotto.
Oggi, tranne pochi colossi al mondo, il resto dei brand sono piccole aziende, che fanno un piccolo fatturato, con una capacità di investimento pari a zero, sia in ricerca che in innovazione, per non parlare degli investimenti in comunicazione e marketing.
Agli inizi degli anni ‘90 gestivamo circa 15 miliardi di lire in comunicazione, che provenivano da soli tre clienti, anzi, i due terzi provenivano da uno solo dei tre clienti. Altri tempi.
Cosa ho imparato in questi 30 anni?
Ho imparato a focalizzarmi e ad ottimizzare sempre meglio il budget.
La tipica frase “Non ho budget” prima era rara, se non avevano soldi nemmeno ti chiamavano, si sentivano in imbarazzo.
Invece adesso ti chiamano e danno per scontato che tu sia consapevole del fatto che non hanno soldi, addirittura pensano che non sia necessario dirlo, non c’è più imbarazzo, anzi, è la normalità.
Fare per decenni campagne nazionali mi è servito, dare il massimo della qualità per aziende multinazionali che esportavano in tutto il mondo è servito a me e alla mia struttura per sviluppare e perfezionare un metodo, un processo, una procedura omologata e protetta; come la Coca Cola protegge la sua formula in una cassaforte, anche noi proteggiamo il nostro metodo/processo tra le mura della nostra agenzia.
Aumentare e proteggere le vendite.
Ci sono due tipi di aziende sul mercato:
1) Quelli che devono aumentare le vendite.
2) Quelli che devono proteggere le vendite.
Sono uno l’incubo dell’altra, e lottano l’una contro l’altra.
Chi non vende, investe soldi in strategie per togliere fatturato a chi vende; chi vende, investe soldi in strategie di difesa.
Un po’ come la storia della gazzella e del leone.
La capacità di spesa (i soldi in circolazione) è sempre la stessa, non aumenta con l’aumentare delle aziende o dell’offerta. Anzi, diminuisce negli anni per diversi motivi che non sto qui ad elencare. Quindi quando vi dicono che dovete “creare il mercato” vi dicono una fesseria, una chimera, pura alchimia del marketing.
La strategia migliore.
Che voi siate del tipo 1 o del tipo 2 una sola cosa è certa:
Un brand ha bisogno di tre cose;
Notorietà
Reputazione
Vendita (Conversione nel linguaggio moderno).
Queste tre cose sono insindacabili e indivisibili. La notorietà da sola non serve, specialmente se si adottano tecniche di comunicazione stile “purché se ne parli” ma, se ne deve parlare bene, altrimenti non è branding, casomai è suicidio. Ho diversi esempi di aziende che hanno adottato la tecnica del “facciamo parlare di noi” ma nella maniera sbagliata e poi sono fallite.
So bene come gestire questi tre aspetti fondamentali del branding/positioning e il nostro sito è pieno di clienti a cui abbiamo fornito un eccellente lavoro di comunicazione strategica. Nessuno di questi elementi viene trascurato: Creatività, strategia e metodo.
Dedicate tempo e risorse economiche alle “tecniche di vendita” solo quando avete fatto un buon lavoro di “Immagine”, altrimenti sarebbe come andare ad una festa vestiti da straccione. Non potete certo aspettarvi grandi conquiste, o no?
Come iniziare da subito?
Bene, la prima cosa da fare è capire che i soldi da destinare al branding non vanno messi in bilancio alla voce “costi variabili” ma alla voce “costi fissi”, non è una spesa che si fa quando si ha voglia e soldi, il lavoro di branding (da cui dipendono le vendite) va programmato alla stesso modo di come programmiamo e mettiamo in bilancio i costi di gestione. Come fosse un furgone per le consegne, come fosse un macchinario di produzione. Poiché senza di questi la nostra produttività non andrebbe avanti e il nostro fatturato ne risentirebbe.
Come quantifichiamo il budget da investire?
Ogni imprenditore che si rispetti sa esattamente di quanto il suo fatturato annuo potrebbe diminuire o aumentare grazie ad una buona o cattiva immagine e reputazione, sa bene che le vendite sono la conseguenza di una strategia di branding, e sa anche farsi un’ idea di quando potrebbe cambiare il suo fatturato.
Un primo parametro potrebbe provenire da questo ragionamento: io fatturo in un anno 10 euro, se faccio bene la comunicazione e il branding posso migliorare tranquillamente di un 10% quindi 1 euro, che al netto dei costi potrei inserire in bilancio alla voce comunicazione.
Ho parlato spesso con aziende che mi dicevano “Non abbiamo budget”, lo dicono quelli che fatturano 3 milioni e quelli che fatturano 300 milioni, il ritornello è sempre lo stesso!
Ma il 10% non è una promessa campata in aria, per esempio il 10% di tre milioni sono 300 mila euro, oppure il 10% di 300 milioni sono 30 milioni, un imprenditore che non fa questo tipo di ragionamento (a mio avviso) non è un imprenditore, è un commerciante, e c’è una bella differenza, specialmente se ha comprato l’Audi nuova intestandola all’azienda e poi vuole fare il sito e-commerce con 3 mila euro. Queste aziende non solo non hanno budget, ma non lo avranno mai!.
Tu ci stai pensando adesso? Il tuo 10% al netto delle spese quanto sarebbe?
Ormai, l’unica alternativa che ha un brand per sopravvivere è quella di produrre contenuti di qualità, gestire in maniera strategica la comunicazione e usare strumenti di vendita B2B e B2C precisi, misurabili e dinamici.
Ma soprattutto, affidarsi a chi sa come produrre contenuti efficaci.
Io sono il regista che coordina gli attori, il set, la produzione, i tecnici e tutti quelli che hanno un ruolo nel tuo film, nella tua storia, quella che racconteremo al meglio e che farà la differenza per il tuo fatturato.
Fare branding significa fare una promessa e mantenerla, e noi siamo il partner perfetto per chi questa promessa vuole mantenerla!