Ormai dagli anni ‘80 ad oggi avrò prodotto migliaia di contenuti e senza nemmeno saperlo.
E si perché prima manco li chiamavamo contenuti, prima dell’arrivo dei social, prima della comunicazione “cotto e mangiato” era un’altra cosa, e non esistevano i contenuti, ma esisteva la pubblicità, esistevano gli articoli giornalistici, esistevano gli spot, gli annunci stampa etc etc, adesso invece quasi tutto è “contenuto”, quello che negli anni ’80 e ‘90 chiamavamo messaggio o comunicazione oppure campagna, adesso va adattato a vari contenitori e viene chiamato contenuto, non importa che sia di qualità o no.
Fare advertising significava fare la campagna pubblicitaria che quel determinato cliente avrebbe adottato per almeno una stagione, oppure alle volte anche anni, ma di certo non mesi o giorni.
Tutto è diventato più veloce, e ci sono due componenti che hanno negli anni stravolto la produzione di questi cosiddetti contenuti.
Le nuove tecnologie hanno ridotto velocità e qualità, chiunque può produrre video e fare foto condividendoli dopo aver inserito scritte simboli o loghi. Un brand che voleva fare comunicazione doveva rivolgersi a dei professionisti, oggi non c’è più bisogno di farlo, tutti hanno in tasca qualcosa che possa fare foto video scritte musichette etc etc… e possono pubblicarlo da subito e da soli, senza curarne troppo la qualità.
Quindi pure mio cugino si è messo a fare contenuti, tanto il suo cliente non è esigente, anzi, lo vuole subito e vuole spendere molto poco, quindi mio cugino Gianpancrazio dopo aver visto un po’ di webinar e tutorial è diventato un esperto di comunicazione.
Una volta tutto era pensato, realizzato e veicolato con tempi più lunghi e budget più onerosi, a vantaggio di una qualità e di un potere comunicativo maggiore, un messaggio pubblicitario si ricordava per anni, decenni in qualche caso, e lo slogan entrava per fino nel linguaggio comune.
Che ora è? E tutti come idioti rispondevano “è l’ora dei Pavesini” oppure chiedevi cosa vuoi di più dalla vita e tutti rispondevano “Un Lucano”, potrei fare decine di esempi ma mi fermo.
Con l’arrivo dei social, tutto è cambiato. La frenesia di voler comunicare continuamente, la malattia dei consensi e dei like porta persone ed aziende a dover per forza dire sempre qualcosa, anche tutti i giorni, il che non è proprio sbagliato in una logica di engagement, va bene ma di conseguenza questo ti porta a dover produrre continuamente contenuti mediocri… che alle volte chiamano “campagne”, che magari sponsorizzano… e chiamano “advertising”, ed ogni volta che succede Ogilvy si gira e rigira nella tomba brontolando.
Zuckerberg ha avuto la brillante idea di introdurre la comunicazione all’interno dei social e di chiamarla ADV, acronimo di Advertising, una specie di sacrilegio per noi pubblicitari di altri tempi. Per noi l’advertising erano le campagne pubblicitarie, non i volantini distribuiti porta a porta. E si perché un post sponsorizzato lo possiamo paragonare ad un volantino che metti nella cassetta delle poste o che consegni a mano al semaforo, anche se i social offrono molto di più e puoi scegliere sesso, età, interessi, località etc etc.
Per me resta e resterà direct marketing, o meglio una categoria del direct, fatta molto meglio, con più precisione, con metodi di misurazione più precisi (salvo trucchetti e fuffaggine), ma sempre direct, perfetto per fare promozione ad un prodotto/servizio oppure ad un’attività locale, non ci fai Branding, ci fai solo marketing diretto.
Col nascere di quest’altra forma di pubblicità più diretta e di pubblicitari più specializzati in essa, è nata anche una nuova categoria di professionisti, i Social Media Manager (abbreviato SMM), che si occupa di gestire la comunicazione su questi aggregatori di criticoni nervosi e isterici, bombardati tutti i giorni da nuovi contenuti di pessima qualità, fatti in fretta dal Gianpancrazio di turno, un gran rumore mediatico.
Un po’ come se 20 anni fa gli attacchini volendosi scordare che l’affissione fosse un mezzo di comunicazione e non “il solo” mezzo di comunicazione, si fossero inventati la sigla PMM (poster media manager), facendo di questa categoria una valida alternativa a tutte le altre forme di comunicazione, come se fosse bastato fare solo affissione.
Ecco qui, esattamente in questo momento della storia della comunicazione mondiale, cioè l’arrivo dei social network e delle attrezzature digitali tascabili, si perde il controllo di una cosa in particolare, e cioè la produzione dei messaggi di comunicazione, che adesso chiamiamo “contenuto” e che vengono prodotti da chiunque in qualunque momento su qualunque canale di comunicazione, senza ragionarci troppo e senza avere particolari competenze in materia di comunicazione, di conseguenza la qualità generale di questi è molto discutibile. L’attacchino non produceva la comunicazione, la gestiva, la affiggeva, la attaccava e la staccava. Mai l’attacchino mai e poi mai sarebbe andato dal cliente dicendo “te la faccio io la grafica o la foto… anche il testo lo scrivo io… faccio tutto io non ti preoccupare… “ci’ho pure la machina fotografica!”.
Ecco l’attacchino magari no, ma mio cugino Gianpancrazio si!
Come nasce un contenuto?
Una cosa è sicura, ha sempre bisogno di una parte visual e una parte copy, sempre, non c’è volta in cui il contenuto non abbia bisogno di grafica, foto o filmato, fosse una pubblicità o un articolo per un blog, oppure un contenuto per un sito, oppure un articolo sportivo, politico, un volantino, una promozione, un poster per strada, insomma off oppure on-line mai e poi mai si può pensare di saltare la parte visual… beh forse mi vengono due casi in mente in cui non serve la parte visual, i necrologi e i bugiardini farmaceutici. Per il resto serve sempre una gran capacità comunicativa, creatività, cultura estetica e abilità narrativa. Sempre!
Adesso lasciamo da parte l’elenco delle tipologie di contenuto, giornalistico, informativo, redazionale, pubbli-redazionale, pubblicitario etc. etc. e concentriamoci su quello pubblicitario! A me piace parlare solo delle cose che conosco bene, e che ho fatto per decenni.
A quanto pare produrre contenuti in continuazione, così come è necessario oggi sui social, ha costi non sostenibili da tutti i brand. Quindi invece di fare una sola campagna fatta bene e usarla per tutto l’anno, prendono quel budget, lo spalmano su 12 mesi e fanno tanti piccoli post sui social, una al giorno, centinaia, è ovvio che non si può pretendere vincano il leone d’oro a Cannes.
Anzi alcuni brand, così tanto per peggiorare la situazione, non chiamano più un’Agenzia di comunicazione, ma mio cugino Gianpancrazio che è laureato in agraria e fino a due anni fa faceva il parrucchiere.
E qui Ogilvy inizia a dare testate sotto al coperchio della bara.
Negli ultimi 10 anni abbiamo dovuto assistere ad ogni genere di scempiaggine, ma va bene così, il web è democratico, quindi ognuno ha diritto ad imbrattarlo con ogni sorta di schifezza e chiamarlo contenuto.
Roba che nessuno ricorderà tra 10 anni, anzi, roba che nessuno ricorderà manco tra un mese, altro che communication marketing o advertising.
Quindi produrre un contenuto, esattamente, cosa significa? Perché non dovrebbe farlo Gianpancrazio pubblicitario per sfizio?
Iniziamo col dire che un contenuto è fatto di:
- Visual (la prima cosa che vedi)
- Copy (la seconda cosa che vedi)
I quali devono essere fatti non bene ma benissimo, perché sono quelli che influenzano la “qualità percepita” del servizio/prodotto in questione. Specialmente la parte visual, perché è quella che attirerà la tua attenzione e solo dopo un nanosecondo deciderai di leggere il copy. Quindi concentratevi prima sulla produzione di un visual che catturi l’attenzione, poi sulla parte copy.
Parlare di “content marketing” significa parlare sia della parte immagini che dei testi, non solo di una o solo dell’altra.
Per produrre un contenuto servono diverse persone, almeno in Agenzia da noi è così, poi ognuno è libero di fare come vuole, anzi… in fondo all’articolo troverete il numero di Gianpancrazio.
Allora, ci tengo a chiarire un concetto da subito, produrre un contenuto, che sia per una campagna stampa, o per una affissione o per i social, o per un blog… si necessiterebbe di:
1) Un art
2) Un copy
3) Un fotografo o illustratore o grafico (dipende dal visual che serve)
4) Un grafico se nella 3 hai usato un fotografo o un illustratore, che ne faccia vari formati
5) Un SMM se quel contenuto va pubblicato su un social (quindi facoltativo)
Noi siamo così organizzati a prescindere che si tratti di campagna nazionale off-line, o di un semplice post social, e internamente all’agenzia abbiamo fotografo, copy, smm, grafico, strategist etc etc, anche perché produciamo decine di contenuti a settimana, sarebbe ingestibile con freelancers, produciamo continuamente materiale e siamo costretti ad usare un gestionale per la lavorazione e i flussi interni (se vi interessa usiamo Podio).
Solitamente un contenuto è il frutto di una strategia stabilita ad inizio rapporto col cliente, questa strategia è fedele ad un Brief che è figlio del piano marketing del cliente. C’è un filo conduttore tra strategia commerciale e strategia di comunicazione, almeno questo vale per PMI strutturate o industrie con un ufficio marketing interno.
Come si produce un contenuto di qualità?
– Sicuramente partendo da un processo di analisi per capire COSA DIRE. (fase marketing, la prima fase)
– Poi alla fase IDEA, cioè come dirla quella cosa. (fase creativa, la più importante)
– Poi all’ESECUZIONE, cioè fare foto, mettere grafiche … scrivere cose… (Importante pure questa, sennò una bella idea realizzata male a che serve?)
– Poi c’è la fase di ANALISI, senza la quale non potremmo mai sapere se quel contenuto sta funzionando o no, e quindi se va cambiato il contenuto o il contenitore.
Ecco che nasce il contenuto. Meglio è fatto… meglio sarebbe per tutti, pure per Gianpancrazio!
Pensate al contenuto come ad una piccola campagna pubblicitaria, non come all’ennesimo volantino da mettere nella buca delle poste.
Siate creativi, creatività batte strategia 1 a 0. Ogni strategia diventa tale solo con un contenuto che buca lo schermo, il 90% delle adv sui social sono un fallimento perché non c’è esperienza e creatività nella realizzazione, perché Gianpancrazio fa schifo come comunicatore.
Siate onesti, nella teoria Jointmark spieghiamo anche perché bisogna essere onesti con il pubblico, dite la verità senza inganno e senza autoesaltazioni, basta con “Ti farò guadagnare tanti soldi e avrai clienti automatici”, basta con “Il miglior panino con mortadella” se non è veramente il miglior panino con mortadella. Non confondiamo il positioning con la fuffa.
Siate unici, leggendo i blog di marketing e di vendita vedo sempre le stesse teorie, sempre le stesse strategie, sempre la stessa solfa, questa malattia per le landing, questo rincorrere le lead, ormai è tutto un copia incolla di regole in cui io ci vedo tanti sofismi. Tutti sembrano preoccuparsi solo della lead, si ma… non serve a nulla se poi non sapete comunicare con questa lead.
Siate propositivi, pubblicate contenuti che non si vedano già il altri blog o siti o social di concorrenti del vostro settore. Se dici le stesse cose di quell’altro sarai visto come quell’altro, se sai veramente fare la differenza falla e dai consigli, non fare l’ennesimo riassuntino delle regole viste e straviste.
Siate esigenti, se potete, cercate il meglio per il vostro contenuto, generate meno contenuti ma che siano curati, con immagini efficaci, con testi efficaci, utilizzando contenitori efficaci. Fatevi produrre immagini su commissione, fatte apposta per voi, che parlino di voi, che non siano prese da google.
Poi non fate come Gianpancrazio che continua a chiedersi se converta di più un video una diretta o una gif, insomma continua a perdere tempo sul contenitore senza dedicare tempo alla cosa più importante, il contenuto, se il contenuto spacca lo farà con video con gif o con affissione stradale. Lasciate da parte i tecnicismi, prima badate alla creazione di un contenuto che abbia una speranza minima di sopravvivere in questo mare di volantini rumorosi, sennò poi sarà solo l’ennesimo di questi volantini.
Insomma forse dovremmo tornare a comunicare meno, ma comunicare meglio, a prenderci più tempo per pensare e costruire strategie e contenuti che non debbano solo riempire la news feed ma devono bucarla. Edge-rank è la miglior invenzione degli ultimi anni, io lo adoro.
Un video al giorno stile Montemagno? Beh decisamente si, se sei Montemagno però, che come comunicatore è un fenomeno a mio avviso, grande cura di luci, inquadratura, audio, montaggio etc etc… quindi cultura estetica, poi un contenuto interessante per la massa (il suo target) e il successo arriva, bravo lui e buona esecuzione del contenuto, banale vero? Beh talmente banale che pochissimi ci riescono, gli altri al massimo possono imitarlo. Per me lui è il re della massa mediocre, il nuovo Roberto Re, anzi meglio. Dirà pure tante banalità ma come le dice lui non le dice nessuno.
Per qualità del contenuto cosa si intende?
Beh, vi faccio un esempio che possiate capire senza interpretazione personali. Quando arrivò sul mercato la Smart tutti dissero che costava troppo, che aveva solo due posti, che non aveva bagagliaio, che i ricambi costavano un botto, bene è diventata la city car per eccellenza e mantiene un valore su usato pazzesco, pur ignorando alcuni bisogni fondamentali.
Qualche anno fa è arrivata sul mercato la Dacia, ha 4 posti, costa la metà della Smart, ha un bagagliaio grande, consuma poco, i ricambi costano poco… insomma sembra una vettura pensata in una caserma di rangers del marketing tutti USP e distintivo!
Risultato? Ha fatto ridere la Smart… che continua ad essere preferita, perché? Perché è bella, il design è fondamentale, le prime Dacia erano brutte come la peste. Questo del mondo dei motori è solo uno dei tanti esempi che potrei fare per farvi capire che l’uomo è mosso dalle emozioni e non dalla ragione, prima agisce poi pensa, usa prima il cuore poi il cervello. Ecco il successo della Mini, della 500, che hanno soddisfatto prima di tutto il bisogno di avere qualcosa di gratificante, di bello, di figo… non di utile.
Ecco, in comunicazione è la stessa cosa, prima guardiamo le figure poi leggiamo il testo, ma sempre dopo che la figura ha attirato la nostra distrattissima attenzione.
Le Harley godono di una pessima fama, sono pesanti, consumano, devi stringere tutti i bulloni quando rientri a casa, è scomoda… ma tutti la sognano, anzi, dicono che quello è il bello di quella moto, “è fatta per motociclisti veri, sennò comprati uno scooter”, ecco come gli harleysti si difendono e difendono la loro moto. Gli harleysti infatti sono il principale mezzo di comunicazione del brand, non sono l’obbiettivo della comunicazione, sono essi stessi la comunicazione si chiama advocacy (cercate teoria Jointmark).
Per comunicare devi saper prima creare messaggi che siano diretti, immediati, emozionali, unici, sintetici quanto serve.
– Cosa devo dire? (concept della comunicazione)
– Che reazione deve innescare quel contenuto? (obiettivi)
– Quale è il target preciso? (contesto)
– Quel target da quali messaggi visivi è attratto? (Creatività)
– Tono e testi della comunicazione? (Copy)
– Che mezzi uso per diffonderlo? (veicolazione)
Strategia, creatività e realizzazione sono passaggi poco trascurabili.
Per rendere la lettura più piacevole ed interessante ho inserito una gallery di momenti nostri in cui concepiamo, gestiamo e partoriamo contenuti, buona visione a tutti!
Mi piace sottolineare e ribadire che io lo faccio questo mestiere, non lo insegno soltanto!