Eccoci alla seconda parte, nella prima parte abbiamo visto come cercare il proprio elemento differenziante nel servizio, adesso vediamo come comunicarlo e dove possiamo differenziare la comunicazione.
“Comunicare è un’arte, e in quanto tale non è misurabile!” diceva Ogilvy,
Quando parlate di numeri, statistiche e vi gongolate con i dati alla mano, state misurando il canale di comunicazione, non il suo messaggio. Cioè misurate il contenitore, non il contenuto. Impariamo a separare arte e tecnica, comporlo e veicolarlo sono due cose diverse.
Quando misuriamo, quindi, cosa stiamo misurando, l’efficacia del contenuto o del contenitore?
In un messaggio “virale”, cosa c’è di virale, il contenuto o il contenitore?
Ovviamente se è virale ho apprezzato il contenuto, non il mezzo o il tecnicismo che hanno adottato per diffonderlo.
Però, misurando i dati messi a disposizione dal contenitore, possiamo sapere quanto sia stato ideato e realizzato bene il contenuto! Un milione di interazioni dimostrano che quel video o foto (contenuto) sono stati particolarmente apprezzati, quindi le statistiche in realtà ci stanno dicendo se il contenuto ha funzionato, non se hanno funzionato le tecniche di pubblicazione o il contenitore usato.
Quindi dire che un video converte più di una foto, o che un canvas funziona più della diretta è come dire che funziona più il San Siro del San Paolo… a prescindere dalla partita giocata. Beh non è così, Juve – Napoli farebbe tutto esaurito pure se giocasse nel campetto della parrocchia di Bardonecchia, invece Palermo – Crotone non incasserebbe manco se giocassero al Maracanà, ma manco con tutti i tecnicismi di questo mondo, forse manco con le brasiliane col culo di fuori… no, un momento li le brasiliane diventerebbero un ottimo contenuto… ritiro quello che ho detto sulle brasiliane, togliamo le brasiliane.
Io non ho mai visto un contenuto insipido diventare virale solo grazie ai tecnicismi.
Se il contenuto non è in grado di “AGGANCIARE” non andrà da nessuna parte, adottasse pure tutte le tecniche innovative e segrete e vincenti e seriali e hot di questo mondo. (anche e soprattutto quelle svelate nei video gratis).
Potremmo stare li giorni a discutere di conversioni, di focus, di elemento differenziante, di USP, o di analisi swot e di positioning, la nostra discussione, per quanto appassionata e in buona fede, sarebbe comunque li ferma, in ginocchio a pregare il dio “contenuto”. Migliore è il contenuto, meglio riuscirà la nostra strategia, anzi probabilmente riuscirà solo grazie al contenuto, all’idea, alla parte creativa e alla buona realizzazione di questa.
Non a caso i video e le pubblicità più virali sono quelle con meno tecnica marketing in assoluto, sono piaciute e basta, c’è poco da discutere, sia video, sia gif, sia foto, a qualsiasi orario su qualsiasi social e senza nessun budget investito e senza strategie, solo una bella idea che ti fa provare una qualsiasi emozione (amore, tristezza, forza, allegria etc).
Ciò che ci colpisce sarà sempre quella ballerina brasiliana che con colori, piume e oscillazione dei fianchi ci lascerà imbambolati e non riusciremo mai a notare se i passi di danza siano giusti o sbagliati.
Ok, ma fare un contenuto che funzioni non è facile, nemmeno per i più esperti. Figuriamoci un contenuto virale, la teoria la conoscono tutti, quali sono le caratteristiche di un contenuto virale lo sa anche mia madre che ha 70 anni, ma farlo è tutt’altra storia. Dalla teoria alla pratica ce ne vuole. Quindi con questo, non sto dicendo di essere in grado di farlo a comando. Ma almeno ho la consapevolezza di cosa sia e della materia.
Ok, quindi siamo tutti d’accordo che “content is the king”? Bene!
Adesso parliamo di advertising, se vi chiedessi di dirmi 5 spot famosi, quelli che più di tutti ricordate, con relativo slogan? Su pensateci… a tal proposito ho fatto un esperimento!
https://www.facebook.com/copyright2017s/posts/10214093883969518
Risultato? Tutti spot più vecchi di almeno 15 anni! Ah.. e come mai? Io non ho messo limiti di epoca o annate, quindi perché tutti quelli che ricordiamo sono così vecchi? Anche i ventenni hanno citato spot anni ’90!
Le aziende hanno smesso di fare pubblicità?
No… no no, la verità è che la fanno ancora, ma si stanno facendo fregare dal sogno di essere più “diretti” più capillari, meno dispersivi, qualcuno addirittura suggerisce di essere meno creativi! Sono d’accordo, ma non esageriamo!
Essere creativi non vuol dire essere dispersivi, la creatività, il senso estetico, la cultura visiva sono alla base della comunicazione.
Morositas, Kaori e la Filadelfia, Martini con Charlize Theron con il filo del vestito impigliato alla sedia, gli spot Maxibon o quelli di Gigi e la Cremeria, la Tinsemal, i Ringo, Ambrogio, il Tartufone e mettiamoci pure lo scoiattolo scurreggione delle Vigorsol… niente strategia, solo tanta simpatia, creatività e qualità nella realizzazione dei contenuti! Certo, un po’ scemi, ma funzionavano, facevano il loro lavoro. E lo vediamo a decenni di distanza.
Oggi invece alla Mediaset vedi anche questi >SPOT<
In prima serata, tutto focus e USP, niente creatività e nessuna decenza estetica!
L’uomo da sempre apprezza forme artistiche in grado di trasferire emozioni forti e ineguagliabili senza confronti, queste forme di comunicazione si chiamano musica, lirica, pittura, scultura, design, grafica e tante altre forme d’arte in cui devi essere creativo e unico, innovatore e ispiratore. Come si può pensare di comunicare efficacemente senza usare creatività e unicità? Ci vuole un perfetto mix tra “proposta unica” e “cultura estetica”.
Io sono per la creatività strategica, emozionale e curata. La cura estetica e visiva ripaga sempre.
Solo tecnica o solo creatività è ovvio che non servono a nulla.
Ma come dicevo sopra… se non c’è creatività, la tecnica fa fatica, senza un buon contenuto il contenitore serve a poco.
Tornando alle pubblicità più famose e del perché sono tutte così vecchie quelle che ricordiamo, credo che la causa principale sia proprio il fatto che molte aziende e molti uomini di marketing se la stiano facendo sotto dalla paura, senza budget passa la voglia di osare e sperimentare. Da una parte c’è il problema dell’avere poco budget, dall’altra la paura di essere giudicati, e si perché oggi è pieno zeppo di esperti di comunicazione, tutti pronti a dare sentenze e giudizi, li vediamo tutti i giorni sui gruppi, sui social, sui forum, alle convention. Migliaia di case study su lavori di altri, ovviamente fatti male (e certo perché lo ha fatto un altro, se lo aveva fatto lui era buono).
Prima ce ne fregavamo di chi ci potesse giudicare, io stesso sono stato richiamato due volte dal Gran Giuri della Pubblicità negli anni ’90, non avevamo paura di osare, di stupire, di emozionare.
Il marketing è l’insieme di strategie in un piano prestabilito, si chiama piano marketing. In più di 30 anni di comunicazione d’impresa raramente ho visto un piano marketing, la maggior parte delle aziende non lo hanno, non lo fanno, non lo sanno fare. “Io non devo saperlo fare, deve saperlo fare l’omino del marketing, e con il piano marketing deve esserci anche un brief, che poi dovrebbero passare a me che sono l’omino (diciamo pure omone) della comunicazione”.
Invece ultimamente è nata la figura del “faccio tutto io, io sono il signor marketing, e sono esperto anche di comunicazione”
Marketing e Advertising sono diventati una sola cosa. Risultato? Da una decina di anni la pubblicità è diventata veramente poco piacevole, non viene ricordata, e i risultati sono molto discutibili.
Si preoccupano di cercare l’elemento differenziante, la proposta unica, si spremono e diventano paonazzi nel cercare di fare positioning, li vedi li ad arrancare nel mestiere della comunicazione senza però avere alcuna esperienza e cultura visiva, qualcuno di loro essendone pure consapevole si è inventato la bellissima scusa del “Marketing diretto, senza creatività”… come fosse un vantaggio, non uno svantaggio!
E argomentano un sofisma, basato sempre su case study (sempre di altri ovviamente), prendendo in esame campagne di branding che in quanto tali non hanno nulla di strategico se non quello di fare branding, notorietà, cioè il classico “ciao sono qui e ti ricordo che mi chiamo XXXXX”.
Ma il sofisma va alimentato, quindi chiameranno quella pubblicità “pubblicità creativa, fine a se stessa”. Giusto, uno che non ha creatività fa bene a dire che questa non serve, ma allo stesso tempo sta facendo la magra figura di chi non ha ancora capito la differenza tra branding e promozione, che per un uomo di marketing è grave.
Adesso state sicuramente pensando “beh allora almeno quando si fa promozione si può essere diretti e focalizzati?”… si, li si, ma sempre con creatività e genialità… non esiste comunicazione che non necessiti di questi elementi. Non è mai stato così e non c’è motivo di sperimentare strade alternative.
Cosa diversa invece se un pubblicitario non sa fare il suo lavoro e genera un contenuto privo di ogni senso, anzi… inutile! Ma cosa c’entra la creatività? Quella è mancanza di buon senso, di astuzia, di senso strategico… come si fa a dare la colpa alla creatività e non all’idiota che ha generato il contenuto inutile?
Come se uno investisse me sulle strisce pedonali e io dessi la colpa alle automobili e non all’idiota che mi ha investito.
Se volete predicare un verbo non predicate il verbo del “Abbasso la creatività” ma casomai quello del “Abbasso gli incapaci”, che esistono in tutti i settori, il marketing ne è pieno, brulicano i fuffaroli che cercano di venderti i segreti di pulcinella o parlano di grandi leggi del marketing chiamando in causa regole scritte 50 anni fa, da gente morta professionalmente 49 anni fa che ha scritto libri brutti 48 anni fa!
Dicono “devi trovare l’elemento differenziante”. Perché essere creativi non serve a nulla, ”farebbe ricordare la pubblicità non il prodotto!”, si certo come no, infatti tutti ricordano le pubblicità prima che questo stupido sofisma venisse scritto in tutti i blog copia – incolla, ricopia – rincolla e poi ricopia – rincolla di nuovo, generando un esercito di guru bravissimi e vincenti, ma stranamente senza portfolio lavori. Sempre su case study di altri! Come quelli che il lunedì mattina parlano di calcio criticando la formazione messa in campo il giorno prima, tutti allenatori il lunedì.
“Il balletto della Tim è stupidissimo, cosa mi rappresenta? Quale è il messaggio? Eccoli li sti creativi inutili” Dicevano qualche mese fa sui forum taglia-incolla dei nuovi esperti di comunicazione. Ecco, bella figura che avete fatto! La Tim ha spaccato, e la concorrenza è dovuta correre ai ripari facendo promozioni su promozioni! Quindi l’elemento differenziante è stato il COINVOLGIMENTO EMOTIVO dei giovani, testoni duri che non siate altro!
Prima l’advertising era mestiere artistico e tecnico. Prima la creatività giocava un ruolo fondamentale nella pubblicità, che poi quel messaggio venisse veicolato in TV, in radio o sui giornali poco importava, era forte a prescindere e comunque. Ricordo ancora “Sofficini Findus il sorriso che c’è in te!” spacca da anni, e io ho conosciuto e lavorato con il creativo che ha avuto quell’ idea, avevamo un’agenzia insieme a Miami nel 1992 – THE ART DIRECTORS FACTORY. Una forchetta che fa il sorriso sul sofficino… che meraviglia… eccolo l’elemento differenziante!
La coca-cola non ha mai basato la sua comunicazione sul prodotto in sé, cercando di dimostrare di essere la bibita più buona, o più salutare, o più fresca del mondo. Ma è sicuramente la più imitata ed emulata. Peccato che ciò che si cerca di imitare non sia la sua comunicazione (vantaggio per Lei, ovviamente).
Il messaggio che lancia è tutto basato sulla creatività, apparente, solo apparente perché in realtà dietro tutte le canzoncine, i colori e i babbo natale di questo mondo c’è sicuramente un retroscena fitto di strategie (ben nascoste), sempre al passo coi tempi. Basti pensare alle decine di nuovi prodotti che lancia ogni stagione che non fanno altro che appagare un desiderio latente dei consumatori. Quindi ricordiamolo user is the king.
“Denim, per l’uomo che non deve chiedere mai!”
Oggi su quei forum qualcuno direbbe “e che significa… dove è il focus?“
Ecco, quello è il problema, cercano il focus, ma lo cercano nella direzione sbagliata!
Essere creativo è la cosa migliore che l’uomo abbia potuto fare dalla notte dei tempi!
I più grandi uomini sono stati principalmente innovatori e creativi, le migliori invenzioni sono state il frutto di una visione futuristica e creativa.
Comunque anche un creativo come me, per prima cosa si chiede “perché dovrebbero comprare questo prodotto?” è la prima cosa che mi chiedo…. da 30 anni! Ma non basta, poi tutto quello che ne viene fuori, va vestito e confezionato ad arte!